A volte può essere necessario specificare l’ovvio, se anche una ovvietà viene messa in discussione.
È questa la situazione in cui si è trovata la Corte di Cassazione in occasione dell’ordinanza numero 1335 del 12 gennaio 2024.
La situazione non risulterà nuova ad alcuni contribuenti e professionisti tributari italiani: l’Agenzia delle Entrate avviava un contenzioso basato sulla violazione di un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate e di due circolari del medesimo ente; dopo aver perso il contenzioso davanti ai giudici ordinari, la stessa Agenzia proponeva ricorso alla Corte di Cassazione.
La situazione non è nuova: non è neanche una rarità per il contribuente trovarsi al centro di un contestazione basata sulla violazione di interpretazioni di prassi.
Anche grazie al fatto che il contribuente è generalmente poco incline a rischiare di restare incastrato in un contenzioso costoso e dai tempi incerti, non è raro che questo tipo di contestazioni portino ad un risultato positivo per l’ente emanatore. Ciò però non rende i provvedimenti ministeriali in alcun modo equivalenti alla legge né vincolanti per i contribuenti. Ad affermarlo è appunto la Corte di Cassazione nell’ordinanza numero 1335 del 12 gennaio 2024.
Ordinanza Corte di Cassazione numero 1335/2024
La Corte in generale afferma infatti che “la violazione di circolari ministeriali non può costituire motivo di ricorso per Cassazione sotto il profilo della violazione di legge”; la motivazione è che questi atti “non contengono norme di diritto, bensì disposizioni di indirizzo uniforme interno all'Amministrazione da cui promanano”.
Proprio per queste caratteristiche “che ne evidenziano la natura di meri atti amministrativi non provvedimentali”, è da escludere che questi “possano fondare posizioni di diritto soggettivo in capo a soggetti esterni all'Amministrazione stessa”.
Poi, entrando più nello specifico, precisa che “a questa regola non si sottraggono le circolari dell'Amministrazione Finanziaria (del resto priva di poteri discrezionali nella determinazione delle imposte dovute, regolata per legge), le quali non vincolano né i contribuenti né i giudici”.
Il punto precisato dalla Corte di Cassazione è appunto ovvio ed evidente: in un sistema giuridico civil law, come quello italiano, il fondamento del diritto sono le leggi, alla giurisprudenza spetta il compito di interpretare le norme, e in nessun modo la prassi si dovrebbe sostituire al legislatore.
Purtroppo però, va segnalato come, in Italia, questo talvolta accade. A titolo di esempio, chi scrive ricorda facilmente il sistema di sfavore fiscale riservato alle società di capitali a ristretta partecipazione societaria, che appunto non trova fondamento nella legge.